giovedì 20 novembre 2008

Se un Paese non investe sui giovani muore

Questo è un Paese per vecchi. Dove si vincono le elezioni sfruttando i temi della paura, della sicurezza, della ostilità verso il diverso. Dove ciascuno, dovendo fronteggiare l'angoscia della crisi, mette i sacchetti di sabbia alle finestre e affida la propria vita a chi gli promette che sarà capace di difenderlo, di garantirgli che nulla cambierà, nelle sue piccole abitudini quotidiane. Questo è un Paese con una classe dirigente sgangherata, a destra come a sinistra, che non affronta le sfide del futuro investendo sulle nuove risorse, i giovani. Questo è un Paese che utilizza i poveri del mondo per fare i lavori che nessuno qui vuole più fare e che lascia andare via un ceto giovanile per il quale ha speso in formazione e cultura ma al quale non è in grado di offrire opportunità adeguate regalando ad altri Paesi un patrimonio di competenze senza avere nulla in cambio, se non un ulteriore degrado nella capacità di competere.
In questi giorni Repubblica sta pubblicando le storie di migliaia di giovani che hanno trovato all'estero quegli spazi che qui nessuno si è preoccupato di garantire loro, perchè un Paese di vecchi garantisce solo i vecchi, i giovani aspettino il loro turno. Così un Paese muore ma non si vede traccia di una discussione collettiva, di una consapevolezza della questione. Invito a collegarsi a questo link, a leggere i percorsi di tanti giovani italiani che altrove stanno mettendo radici, costruendo un futuro che qui non siamo stati capaci di costruire insieme con loro.
http://www.repubblica.it/speciale/2008/appelli/ricercatori_estero/firme_raccolte.html

Se vi resta la voglia, consiglio anche la lettura di questo articolo
http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/politica/paese-sbloccare/poteri-vecchi/poteri-vecchi.html

Bene, a cosa serve una classe politica, di destra e di sinistra, se non affronta queste questioni? Perchè questo non diventa il tema su cui confrontarsi?

sabato 8 novembre 2008

Cosa servono due tv al Partito democratico?

Io non ce l'ho con Berlusconi se fa fare una pessima figura all'Italia definendo "abbronzato" Barak Obama, il nuovo presidente nero degli Stati Uniti. Non ce l'ho con Berlusconi se definisce i suoi avversari politici con un elenco di epiteti offensivi e volgarità. Io non ce l'ho con Berlusconi e la sua determinazione di distruggere il ruolo della democrazia parlamentare. Io non ce l'ho con Berlusconi se, da presidente del consiglio, invita in una sede istituzionale gli esponenti delle grandi imprese per parlare della crisi economica e finisce per consigliare loro di non investire risorse sulla Rai perchè darebbe "cattive notizie" facendo loro capire che invece le sue tv diffondono invece buon umore e quindi sono da preferire come investimento pubblicitario. Io non ce l'ho con Berlusconi se fa i tagli alla scuola, distrugge la ricerca, si fa le leggi ad personam, nomina nelle imprese pubbliche amici suoi con cui intrattiene affari o ai quali permette di farne drenando risorse dalle stesse imprese in cui sono stati nominati.
Io non ce l'ho con Berlusconi per tutto il resto che conosciamo, per il fatto che da anni si parla solo di lui, della tinta dei suoi capelli trapiantati, dei suoi tacchi, delle sue vere o presunte prestazioni sessuali, delle stupidaggini che va dicendo in molte occasioni per il suo gusto di piacere e far ridere.
Io mi sento come Petrolini, il grande attore che una volta a teatro, continuamente disturbato da uno spettatore del loggione, interruppe di recitare e disse: "Io non ce l'ho con te ma con quello che ti sta vicino e non ti ha ancora buttato di sotto".
Ecco, io ce l'ho con chi, invece di impegnarsi a buttarlo di sotto, perde tempo e soldi (di chi?) a fare concorrenza non al signore di Arcore ma al proprio compagno di banco di una vita.
Per spiegarmi: che servono, al Partito Democratico, due tv - Youdem e Red? Perchè D'Alema e Veltroni non riescono neppure a mettersi d'accordo a fare una tv sola del Pd ma stanno dilapidando risorse (di chi?) per fare due tv "invisibili", piccole, povere e alla fine scadenti?
E' questo che serve per mandare a casa Berlusconi? Qualcuno ha una risposta?
il cannocchiale

mercoledì 5 novembre 2008

Le grandi mosse del McCain di Arcore

Obama ha vinto a mani basse e il vecchio McCain - 72 anni, gli stessi di Berlusconi - ha reso l'onore delle armi all'avversario con un discorso di grande dignità. Qui da noi, nelle stesse ore, sono iniziate le mosse per riposizionarsi. Senza alcuna vergogna. Come sempre, a dare la linea, il Grande Capo.
I commentatori Usa sostengono che a far perdere Mc Cain abbia contribuito soprattutto Bush, il presidente col più basso indice di gradimento. Eppure meno di un mese fa, il 13 ottobre scorso, il Presidente del Consiglio, in visita alla Casa Bianca per festeggiare il Columbus Day disse: "La storia dirà che George W. Bush è stato un grande, grandissimo presidente degli Stati Uniti, sono stato onorato di poter cooperare con un uomo di grandi ideali e principi, grande visione, ma soprattutto uno che ha il coraggio di perseguire questa visione. In lui non ho mai visto il calcolo del politico ma la spontaneità e la sincerità di colui che crede in quello che fa". Grande fiuto politico, Berlusconi.
Sulle elezioni imminenti aggiunse: “Non esprimo una preferenza tra i candidati alla Casa Bianca mentre è in corso una campagna elettorale, ma non posso evitare di annunciare una mia personale, personalissima, preferenza per il candidato repubblicano”.
Quando negli Usa sono state aperte le urne, Bruno Vespa si è premurato di rassicurare che Berlusconi stava con Obama. A questo proposito, ha scritto Stefano Folli sul Sole 24 Ore, il 4 novembre: "Il presidente del Consiglio (...) è abbastanza spregiudicato per riuscire a essere, allo stesso tempo, un ottimo e leale amico di George Bush e un potenziale partner del nuovo presidente, il più critico verso le politiche dell'amministrazione uscente. I segnali che Berlusconi manda in questi giorni a Obama, destinati a intensificarsi nei prossimi giorni, sono di simpatia e collaborazione".
Il problema di Berlusconi è di piacere a tutti, comunque, sempre. Magari ora si tinge la faccia di nero - come i capelli - o assicura che anche lui ha origini "afro".

martedì 4 novembre 2008

I partiti della destra irragionevole, negli Usa e qui

Paul Krugman, vincitore del premio Nobel per l'economia nel 2008, ha scritto sul New York Times, alla vigilia dell'elezione del presidente degli Stati Uniti, un'analisi sul Partito repubblicano. Krugman ritiene che la vittoria tocchi ad Obama e quindi inserisce la sua analisi in una cornice di sconfitta per il partito di Bush e di McCain.
Ho ritenuto di segnalare una parte dell’articolo perchè, depurato dai riferimenti allo specifico contesto americano, sembra disegnare in pieno anche l'identità del nostro Partito della Libertà. La situazione è diversa: qui il Pdl governa con un'ampia maggioranza, là il GOP – Gran Old Party - sembra destinato a una sconfitta pesante. Ma la natura, l'identità, i valori, i comportamenti che Krugman attribuisce al partito repubblicano si ritrovano in pieno nella natura identità, valori e comportamenti del partito di Berlusconi. Leggete le righe seguenti (saltando le parole tra parentesi), poi provate ad appiccicarle al Pdl.
"Tuttavia pare verosimile – scrive Krugman - che la lunga trasformazione (del Gop) nel partito della destra irragionevole, paradiso di razzisti e reazionari, si acceleri (in conseguenza dell´incombente sconfitta).
Questo dato di fatto costituirà un vero problema per i conservatori moderati: molti di loro hanno trascorso gli ultimi anni
(dell´Amministrazione Bush) a negare l´evidenza, a chiudere gli occhi di fronte alle scorrettezze dell´Amministrazione e a farsi beffe della legalità. Alcuni di loro hanno cercato di mantenere questo stesso atteggiamento di negazione dell´evidenza nella stagione della campagna elettorale di quest´anno, anche mentre le tattiche della campagna (McCain-Palin) si facevano sempre più agguerrite. Uno di questi giorni, però, dovranno pur rendersi conto che (il Gop) è diventato infine il partito dell´intolleranza”.

Non è successo lo stesso nei mesi scorsi di campagna elettorale qui? Quanti commentatori moderati hanno voltato la testa dall’altra parte, allora e oggi, minimizzando l’esperienza di questi mesi di governo, la dittatura della maggioranza, gli episodi di razzismo e di intolleranza, l’orgoglio di dichiararsi fascisti, i pestaggi dei diversi, le leggi ad personam, l’abuso della legiferazione per decreto e colpi di fiducia parlamentare, il disprezzo dell’opposizione, la proclamazione ad eroi di mafiosi condannati con pena definitiva.
Tutto questo, e molto altro ancora, non confermano che il Pdl sia – a tutti gli effetti – il partito dell’intolleranza, in un’Italia sempre più cattiva ed egoista? Quali responsabilità portano sulle proprie spalle coloro, tra cui gran parte dei commentatori del Corriere della Sera a esempio, che preferiscono non vedere?

lunedì 27 ottobre 2008

L'Italia è meglio di chi la governa?

Veltroni alla manifestazione del 25 ottobre ha detto che l'Italia è meglio della destra che la governa. Grande dubbio: a mio avviso l'Italia nelle viscere è in grande sintonia con chi la governa. Ci sono popoli che non cambiano mai, il nostro Paese non è mai uscito da una guerra accanto a quelli con cui c'era entrato. Siamo stati un popolo di emigranti, in Europa e verso le Americhe, e oggi non riconosciamo lo stesso diritto a cercare una vita migliore a quanti arrivano sulle nostre coste, non rinunciando però a sfruttarli facendo fare loro quei lavori che noi non vogliamo più fare a un salario di fame.
Siamo un popolo che vive le regole come un inciampo, che ha liberamente scelto di farsi governare proprio da questa destra «peggiore», senza alcun problema ad accettare come un fatto normale l'aberrante macchina di potere berlusconiana, fatta di dominio politico-controllo economico-monopolio mediatico.
Il nostro è un Paese senza memoria, ogni volta che è in difficoltà cerca qualcuno che lo salvi (come Prodi, a esempio) salvo poi buttarlo senza problemi. A Berlusconi viene perdonato tutto, senza accorgersi (o facendo finta di non accorgersi) quanto i suoi comportamenti, la sua politica stiano intossicando il corpo democratico. Io mi sento straniero.

martedì 21 ottobre 2008

Due uova al tegame, un ricordo di Vittorio Foa

Vittorio Foa ci ha lasciato. Una bella vita si è chiusa. Molti hanno scritto di lui, qui voglio ricordare un incontro, a Milano. Erano gli Anni Settanta e si era appena separato, dopo una lunga vita insieme, dalla moglie Lisa. Stava riorganizzando la propria esistenza, con la curiosità che metteva sempre nelle cose che faceva. In quel momento la sua urgenza era molto semplice, quasi elementare eppure paradossale considerando gli anni che aveva, più di 70. Eravamo a pranzo, dalle parti di via Lamarmora, e Vittorio mi chiedeva come si cucinano due uova al tegame. Glielo spiegai, convinto mi stesse prendendo in giro. Poi uscimmo e andammo a comprare le pentole, di varia misura, che sarebbero dovute servire per organizzare la sua nuova dimensione. Foa era scoppiettante nella sua ironia, nel modo con cui si apprestava ad affrontare un nuovo passaggio della sua vita, con la voglia di ricominciare senza soffermarsi sulla malinconia di una storia appena chiusa. Aveva passato otto anni, quelli della giovinezza, nelle prigioni fasciste, aveva attraversato i tempi terribili della guerra, della ricostruzione, delle sconfitte della sinistra, del fallimento di una vita coniugale conservando intatta la curiosità per il mondo. Forse in questo c'entra il suo essere ebreo, con l'abitudine a ricominciare ogni volta. Stasera mi cucinerò due uova al tegame, sarà la mia cerimonia funebre in suo onore. Un abbraccio.

domenica 19 ottobre 2008

Brunetta, il genio senza memoria

Tra i ministri in carica è uno dei più popolari. Ogni volta che lo intervistano, in tv o sui giornali, è categorico, deciso, inflessibile. Si presenta come l'uomo del cambiamento, quello che metterà a posto la burocrazia, i "fannulloni", come se realizzare l'efficienza nella pubblica amministrazione fosse solo una questione di premi e punizioni. Quando parla sembra Joe Belushi nei Blues Brothers, "in missione per Dio". Ispirato da una chiara visione del futuro. Ce ne ha dato prova in questo scambio con Aldo Cazzullo, del Corriere della Sera, il 15 giugno 2008:

«Ma è un fatto, non una mia opinione: il declino non esiste. Non esiste la recessione, né in Italia né nel mondo: recessione è quando per due, tre trimestri di fila il pil diminuisce; invece l’Italia è sempre cresciuta, sia pure poco. Non esiste neppure la crisi dei subprime ».
Come non esiste?
«Esiste una crisi di crescita. E di governance. Ma i subprime non c’entrano niente. I derivati sono un aspetto virtuoso, positivo, della straordinaria crescita economica americana di questo decennio. La tensione sui subprime incide in minima parte sui bilanci delle banche. Crederà mica che la Northern Rock sia fallita per i subprime? È crollata la fiducia dei risparmiatori. Dobbiamo e possiamo recuperarla».
Sì, ma in che modo?
«L’economia italiana non è messa male...(...) Tremonti è fantasioso, io sono fantasioso. Giulio ha grandi visioni, io ho grandi visioni. Lui è geniale, io sono geniale. Ecco, il nostro è un rapporto tra due persone geniali».